
Angelo Colombo: partì da Monza la “Littorina della Brianza” (1a p.)
Fantasiosi e simpaticamente coloriti sono sempre stati, negli anni, i soprannomi affibbiati dai tifosi e dai giornalisti monzesi ai propri beniamini biancorossi. Ricordiamo, tra i tanti, ‘Dustin’ per Roberto Antonelli, ‘Beep Beep’ per Daniele Massaro, ‘Penna bianca’ per Fulvio Saini, ‘Piattone’ per Gianluigi ‘Gigi’ Maggioni, ‘Keegan della Brianza’ per Ugo Tosetto, ‘Giaguaro’ per Luciano Castellini, ‘Fante’ per Patrick Ciurria, ‘Flaco’ per Andrea Colpani, ‘Imperatore’ per Carlos Augusto, ‘Vichingo’ per Christian Gytkjaer e ‘Uomo Digre’, come il conosciutissimo personaggio dei fumetti, nonché popolare cartone animato degli anni Ottanta, per Michele Di Gregorio. Ma forse il più originale rimane quello coniato per Angelo Colombo: ‘La Littorina della Brianza’, in riferimento allo storico treno che, ora con il nome di ‘Besanino’, collega Monza a Molteno, la pittoresca località collinare della provincia lecchese dove, dal 1973, abitarono, in due ville confinanti nel bosco di Dosso di Coroldo, il celebre cantante Lucio Battisti e l’altrettanto celebre paroliere Giulio Repetti, in arte ‘Mogol’, autore dei testi delle sue più note canzoni. Colombo, ex mediano ed esterno destro di centrocampo, tutto cuore e polmoni, era nato e cresciuto a Mezzago, piccolo comune del Vimercatese, distante una trentina di chilometri da Molteno e a poco più di una quindicina da Monza. Forse, proprio in riferimento alla sua corsa inarrestabile e a queste situazioni logistiche che lo interessavano Angelo Colombo divenne ben presto per gli sportivi ‘La littorina della Brianza’. Classe 1961, 177 centimetri d’altezza per un peso forma di 72 chilogrammi, l’ex giocatore brianzolo dai lunghi capelli biondi e dal sorriso smagliante iniziò la sua carriera nel 1974, nelle Giovanili del Monza, per poi approdare in prima squadra cinque anni dopo e restarci sino al 1984.
In serie B, nel Monza di Magni, al fianco di Scala, Blangero, Gorin e Lainati
Diciottenne, nella sua prima stagione, 1979/1980 in Serie B, con Alfredo Magni in panchina, riuscì a farsi ben volere anche dal presidente Cappelletti, che, dandogli fiducia, come del resto l’esperto allenatore della sua squadra, lo promosse centrocampista titolare, al fianco dei vari Nevio Scala, Ezio Blangero, Duino Gorin e Milko Lainati. La formazione biancorossa, affidata per la quinta volta consecutiva al tecnico di Missaglia, era stata rafforzata con gli innesti in attacco dei giovani promettenti Monelli e Massaro, cresciuti in casa. Loro sostituirono, al pari di Tosetto, Francesco Vincenzi, Ferrari e Tatti, i partenti Silva e Penzo. La compagine brianzola chiuse il campionato con un onorevole sesto posto, dopo aver lottato a stretto contatto con il Brescia e altre squadre per l’ottenimento dell’ultimo posto disponibile per salire in Sere A. Miglior marcatore locale del torneo, con 9 centri, risultò, alla fine, l’attaccante Francesco Vincenzi, chiamato dai tifosi ‘Vincenzino’, per evitare confusioni con l’altro Vincenzi in squadra, Giorgio, difensore, per altro, etichettato, a scanso di equivoci, come ‘Vincenzone’. Con i colori biancorossi Angelo Colombo, mediano completo, di quantità e di qualità, capace di mettere in mostra ottimi inserimenti e buone doti realizzative, giocò altre quattro stagioni, totalizzando, complessivamente, in campionato 108 presenze e 4 gol, per poi passare, nel 1984, all’Avellino, voluto da Pierpaolo Marino. Con la maglia biancoverde esordì in Serie A il 16 settembre 1984, in occasione della partita Avellino-Roma, finita in pareggio a reti inviolate.
Il fiuto di Ariedo Braida nel portare Colombo dall’Avellino al Milan, via Udinese
In Irpinia, sotto la guida tecnica di Angelillo, il centrocampista brianzolo disputò una sola annata, giocando dietro le punte (l’argentino Ramon Diaz e il peruviano Geronimo Barbadillo) e facendo registrare 30 presenze e 6 reti realizzate. Questo bastò ad Ariedo Braida, direttore sportivo dell’Udinese, formatosi a Monza, dove già lo aveva osservato attentamente in campo, per decretare, nell’estate 1985, il passaggio del giocatore brianzolo dall’Avellino alla società friulana. Qui Colombo, in due combattuti campionati, non riuscì a dare il meglio di sé, ma la svolta della sua carriera era già decisamente in atto. E infatti, con l’arrivo di Braida alla corte di Silvio Berlusconi e di Adriano Galliani, non ci volle troppo tempo affinché l’ex bianconero potesse finire sotto la guida tecnica del nuovo tecnico Arrigo Sacchi. Accolto con una certa diffidenza da chi, al contrario del lanciatissimo direttore sportivo, non lo conosceva bene, il buon Angelo incontrò non poche difficoltà a far capire nell’ambiente rossonero di non essere un semplice rincalzo, ma un centrocampista d’affidamento, destinato a una prestigiosa carriera. Con tanti campioni al fianco, l’emozione giocò inizialmente brutti scherzi al giocatore, tanto da essere spesso richiamato in allenamento, nel ritiro estivo, dall’esigente trainer di Fusignano per vedere di migliorare la sua corsa, giudicata di grande intensità, ma di poca qualità. Per nulla scoraggiato da questa prima sommaria valutazione, dopo un duro lavoro e tanti sacrifici, il volenteroso Colombo non tardò a far cambiare parere a Sacchi e a diventare, con l’insostituibile maglia numero 4, un giocatore decisivo per le sorti rossonere in Italia e in giro per il mondo in occasione degli impegni di Coppa. Un giorno, dalla panchina, la magica scoperta di Berlusconi, si lasciò persino sfuggire una frase, divenuta poi celebre: ‘’Per vincere, al Milan servono undici Colombo e non undici Maradona!’’.
(Fine prima parte)
Enzo Mauri
(Nella foto: Colombo insieme al maresciallo Galbiati, figura iconica negli anni Ottanta e Novanta)