Armstrong, il presidente che girava in Ferrari (a noleggio) – 1a p.
L’imprenditore anglo-brasiliano Anthony Armstrong Emery, classe 1969, divenne, a sorpresa, il nuovo presidente dell’AC Monza Brianza 1912 nove anni dopo la dichiarazione del primo fallimento, avvenuto nel 2004, con Cesare Giosuè D’Evant Amministratore Unico e la coppia Maurizio Oggioni-Pino Sorrentino curatori fallimentari. Allora, il Monzello era sotto sequestro, lo stadio Brianteo privo dell’acqua e del gas, per il mancato pagamento delle bollette inerenti l’erogazione nei mesi precedenti l’accertamento e la squadra biancorossa costretta a giocare alcune partite allo stadio Ernesto Breda di via XX Settembre a Sesto San Giovanni, con una capienza di poco più di 3.500 spettatori.
A Copacabana, al fianco di Seedorf, a Capodanno del 2013 iniziò la storia di Armstrong con il Monza
La nuova storia, dall’avvio fastoso e stravagante e dall’epilogo misero e drammaticamente serio, iniziò la notte di Capodanno del 2013 a Copacabana, il quartiere di Rio de Janeiro noto nel mondo per la lunga spiaggia sabbiosa e per la sua vita notturna, dove Clarence Seedorf, Numero Uno in ombra della società brianzola, di proprietà della holding PaSport – On Champions (con capitali conferiti da più soci, compreso il potente armatore Jan Lagendijk, suo connazionale), stava festeggiando l’inizio del nuovo anno. Con il campione rossonero, in un locale alla moda, si trovava l’amico Anthony Armstrong Emery, titolare, allora, della EcoHouse Group, l’azienda di ingegneria civile più grande nel nord del Brasile con circa 1.500 dipendenti, vendite lorde annue per 1.2 miliardi di dollari e ricavi per oltre 400, attiva anche a Singapore, Londra, Dubai e Toronto. L’intenzione dell’imprenditore edile era, poi, quella di aprire una prestigiosa sede pure a Milano. Nato in Inghilterra da una famiglia italiana, con madre di origini genovesi e cresciuto passando dalle Filippine alla Spagna, da Gibilterra a Hong Kong, il magnate anglo-brasiliano trascorse la notte di San Silvestro parlando piacevolmente con Seedorf, soprattutto di calcio. Armstrong apprese così le ultime vicende dell’AC Monza Brianza 1912, squadra uscita da un brutto periodo ma con ancora grossi problemi da risolvere e dal nome ben noto all’interlocutore, in quanto legato a uno degli autodromi più celebri del mondo e alla F.1, categoria automobilistica a lui tanto cara. Evaristo Beccalossi, il noto ex centrocampista dell’Inter ma anche, per un breve periodo a fine carriera, del Monza, forte dei capitali messi a disposizione da alcuni suoi amici concittadini e smanioso di poter ottenere una ‘poltrona’ di tutto rispetto in una società calcistica di buon livello, una volta avviata positivamente la trattativa d’acquisto, si era fatto avanti concretamente presso il club più conosciuto in Brianza, con allettanti offerte e con interessanti progetti mirati alla valorizzazione dei giovani. Proprio quando tutto sembrava giocare a favore dell’accordo, con firme ormai vicine, improvvisamente spuntarono all’orizzonte altri soggetti della zona propensi, almeno a parole, a subentrare ai vertici del gruppo sportivo biancorosso e la ‘pista’ Beccalossi svanì nel nulla. Nella fattispecie tre uomini d’affari, compreso il proprietario di una normale officina meccanica, pur di ottenere il possesso del Monza promisero a Seedorf mari e monti. Poi, al momento di mettere nero su bianco, come nelle migliori commedie di Totò e Peppino davanti al notaio non si presentò nessuno dei presunti acquirenti e al campione rossonero non restò che abbandonare sommessamente lo studio e far ritorno a casa, con le pive nel sacco.
L’operazione biancorossa denominata “Lucky Seven”, dopo il 7-3 contro il Fano
Così, a seguito di quel casuale incontro di Capodanno a Copacabana e, dopo cinque mesi di serrate trattative, Anthony Armstrong Emery, sposato con due figli e tifoso del Chelsea, finì per acquistare il gruppo brianzolo, denominando curiosamente l’operazione e la nuova società collegata ‘Lucky Seven’. Ciò in riferimento alle sette reti realizzate dalla squadra biancorossa all’uscita del 12 maggio 2013, la prima del neopresidente anglo-brasiliano, contro il Fano nel campionato di Seconda Divisione Lega Pro (partita vinta per 7-3 e determinante per ottenere la qualificazione ai play-off, come quinta classificata). Nell’atto di vendita del Monza, Deborah Martin, l’agente mandataria per le trattative di cessione per conto di Seedorf, non riuscì neppure a ottenere la presenza del suo assistito nel nuovo gruppo con una quota di minoranza del 10% delle azioni, come il campione rossonero avrebbe desiderato. Al termine della ‘due diligence’, il prezzo d’acquisto fu stimato in un euro, ma con l’impegno da parte dell’acquirente di pagare i debiti ancora in essere verso i fornitori. L’Amministratore Unico Maurizio Carlo Prada si fece quindi in disparte, senza alcun rincrescimento, lasciando all’industriale anglo-brasiliano il possesso del 100 % delle azioni dell’Associazione Calcio Monza Brianza 1912. Omone di 192 centimetri d’altezza, oltre 100 chilogrammi di peso, muscoli di ferro, buon bevitore e fumatore, amante dell’alcol come dei sigari pregiati, l’imprenditore poliglotta, laureatosi all’Università di Nottingham e specializzatosi in Diritto Fiscale in Spagna, aveva lavorato inizialmente nell’industria del turismo in Brasile e, solo tornando in Europa, divenne costruttore e immobiliarista. Si stabilì, poi, in Sud America, dedicandosi al ‘land banking’ e creando la EcoHouse Group, multinazionale specializzata nel settore dell’edilizia sociale. Con l’acquisto del Monza, l’obiettivo dichiarato di Armstrong non poteva che essere quello di creare un grande team, in grado, sfruttando anche la notorietà del marchio internazionale della città dei motori, di raggiungere, nel giro di pochi anni, importanti traguardi.
Fine prima parte
Enzo Mauri