Cappelletti, il grande “Sciur Giuan”, amato presidente biancorosso negli anni 70 (5a p.)

Trent’anni dopo la morte di Giovanni Cappelletti, per ricordare e onorare ancora una volta la figura dell’amato presidente biancorosso scomparso, un nutrito gruppo di nostalgici supporter, unitamente ad Alfredo Magni, l’allenatore di quel grande sogno sfiorato ripetutamente a fine anni Settanta e al suo fraterno compagno d’avventura, il direttore sportivo Giorgio Vitali, si ritrovò al cimitero di Monza, il 20 febbraio 2016, nel giorno della triste ricorrenza, per una sentita commemorazione. Presenti quel giorno anche ex giocatori, dal capitano Franco ‘Jimmy’ Fontana, al centrocampista Fiorino Pepe e l’allora nuovo Numero Uno della società biancorossa Nicola Colombo, accompagnato dall’addetto stampa Marco Ravasi. Non poteva poi di certo mancare il supertifoso Angelo Scotti, ideatore e promotore dell’evento, con tutto lo stato maggiore del Monza Club Libertà. A rappresentare la famiglia Cappelletti giunse al camposanto di via Ugo Foscolo pure la figlia del ‘Sciur Giuan’, la signora Renata, circondata da alcuni affezionati giornalisti di casa, compreso il sottoscritto. Tutti, nella circostanza, vollero esprimere un toccante pensiero davanti alla tomba.

 

Il commosso ricordo della figlia Renata

 

’Grazie dell’affetto mostrato nei confronti del mio grande papà – disse commossa l’amata figlia, a nome di tutta la famiglia -. La mamma, molto anziana, è mancata l’estate scorsa e ora, dei miei genitori, rimane solo il ricordo. Mi ha fatto molto piacere questa iniziativa sincera e sentita. Devo ringraziare di cuore tutte le persone intervenute alla cerimonia. E’ stato bellissimo ricordare mio padre con tanti amanti dello sport, che gli hanno voluto bene e lo hanno stimato. Un grazie particolare lo devo all’allenatore Alfredo Magni, che papà considerava come un figlio. So che anche il tecnico nutriva un sentimento particolare verso di lui e lo approcciava sempre come un padre. Le parole pronunciate da Magni, davanti alla sua tomba, mi hanno fatto rivivere momenti fantastici e mi hanno strappato le lacrime.’’. Dopo qualche minuto di raccoglimento e un’ esortazione ai presenti per recitare, congiuntamente, una preghiera, anche l’ex allenatore brianzolo di Missaglia aveva, infatti, voluto ricordare, all’inizio della cerimonia, con brevi ma incisive parole, il suo stimato presidente: “Cappelletti, per me, è stato un padre, un uomo straordinario. Con lui, ho trascorso anni meravigliosi. Purtroppo, siamo andati a Roma, senza vedere il Papa …’’. Umano, ma ancor più tecnico, il pensiero dell’ex direttore sportivo Giorgio Vitali: ‘’ Nei quattro anni in cui abbiamo lavorato assieme, io e Cappelletti abbiamo cresciuto 12/13 giocatori che poi sono finiti in Serie A. Questo era motivo d’orgoglio per il presidente. Lui mi ha sempre appoggiato nel mio lavoro e si è sempre comportato, con me, da gran signore. Quando ci siamo lasciati, per l’interruzione della nostra collaborazione, entrambi abbiamo pianto, abbracciandoci a casa sua, in via Missori.”. “Il 20 febbraio di trent’anni fa – aggiunse Alessandro Ripamonti del Direttivo del Monza Club, leggendo, ad alta voce, alcune significative righe tratte dal blog 100×100 Monza del giornalista e scrittore Gianni Santoro, coautore del libro per il centenario della società biancorossa -, ci lasciava l’immenso Giovanni Cappelletti. Un incidente stradale sull’autostrada Milano-Venezia si è portato via il ‘Presidentissimo’, l’uomo che ha condotto il Monza dove nessun altro era riuscito prima: in cima ai sogni. Grazie a Cappelletti, la società biancorossa ha vissuto anni meravigliosi. Era un grande appassionato di sport, di calcio e amava il ‘suo’ Monza come un figlio. La gente di Brianza affollava il ‘Sada’ sognando la Serie A, sempre lì a un passo, sfiorata, accarezzata, mai colta. Ma, va bene così. Perché, a volte, basta sognare, per sentirsi felici e la gente di Monza e Brianza, allora, si è sentita felice nel vedere la propria squadra del cuore lottare, vincere ed entusiasmare. Grazie Giovanni! Ci manca davvero tanto un uomo come te!”. ‘’E’ grazie a quest’uomo – confessò poi Maurizio Silva, altro portavoce del Monza Club – se io sono tifoso del Monza. Lo ringrazio perché mi ha permesso di essere orgoglioso di non far parte della massa dei tifosi delle grandi squadre. Se non ci fosse stato lui, adesso, lo zoccolo duro della tifoseria, quella che va ancora allo stadio, non esisterebbe più. Cappelletti è stato l’unico che ci ha fatto sognare. Ai tempi delle promozioni in Serie A mancate, noi tifosi eravamo delusi, ma ora possiamo solo dire una frase: grazie presidente!”. La conclusione dei ricordi non poté, allora, che essere affidata a Nicola Colombo, fresco ‘patron’ della società biancorossa, denominata Monza 1912: “Cappelletti è stato il mio primo presidente. Lo è diventato quando avevo 4 anni e mi fece appassionare al calcio, innamorare di una grande squadra, che dava spettacolo e riempiva lo stadio. Sicuramente, insieme ad altri imprenditori di quel periodo tra cui mio padre Felice, ha costruito il Monza più bello di sempre. Non sarà facile ripercorrere ora quel tragitto eccezionale dalla Serie C alla quasi ‘A’, perché l’ambiente calcistico è cambiato ed è molto diverso da quegli anni. La mia speranza è di riuscire a colmare, almeno in parte e con l’aiuto di qualche socio, la distanza tra la Serie D attuale e quella quasi ‘’A’.’’. Al termine della commemorazione, un gruppo di tifosi depose sulla tomba una corona di fiori con una fascia biancorossa recante la scritta ‘Il Monza Club ti ha nel cuore’ e, a fianco, una bandiera con i colori sociali. A un certo punto comparve nel vialetto del cimitero anche uno stendardo, stretto tra le mani di un vecchio tifoso e accompagnato da toccanti parole di ringraziamento rivolte al mitico presidente. Il vessillo fu poi donato alla figlia del grande ‘Sciur Giuan’, in ricordo della commovente giornata.

 

Il genero, l’ex biancorosso Paolo Viganò, con lui in America per nuove imprese imprenditoriali

 

Prima di quel dannato incidente sull’autostrada Milano-Venezia, Giovanni Cappelletti, ancora in piena attività imprenditoriale, aveva aperto due stabilimenti in America, coinvolgendo, direttamente, anche il genero Paolo Viganò, ex calciatore biancorosso, partito dal Seregno, squadra del suo paese natale, per approdare nel 1964, quattordicenne, alla Juventus e, dopo due successive presenze in Serie A con la formazione di Heriberto Herrera, passare, nell’estate del ’70, alla Roma di Helenio Herrera, nell’anno del suo servizio militare, per una sola apparizione in campo contro il Torino. Il terzino sinistro disputò, quindi, sei campionati di Serie B, con il Monza (31 partite giocate con nessuna rete segnata nella stagione 1971/1972), il Palermo e il Brescia, totalizzando 155 presenze e 3 gol all’attivo, tutti con la maglia azzurra. Tornò in biancorosso nell’annata 1980/1981, via Novara, con 26 incontri giocati senza mai assaporare, anche questa volta, il gusto della marcatura. Il ‘Netzer di Seregno’, come il difensore brianzolo era soprannominato per per la forte somiglianza fisica e il colore giallo paglierino dei capelli col centrocampista Günter Netzer, campione d’Europa nel 1972 e del mondo nel 1974 con la Germania Ovest, sposò, molto giovane, Renata, la figlia di Giovanni Cappelletti. Prima d’intraprendere oltreoceano, con il suocero, la carriera di imprenditore, per, poi, mettersi in proprio, aprendo una palestra e un’azienda di colle industriali a Giussano, Viganò era già padre di due figli, Veronica e il piccolo Saul.  Come per l’ex presidente biancorosso, il destino fu crudele anche con lui. Il 23 maggio 2014, il ‘Netzer di Seregno’, all’età di solo 64 anni, cessò, infatti di vivere, stroncato a Monza, dove abitava, da un tumore, diagnosticatogli sei mesi prima del decesso.

 

(Fine 5a e ultima parte)

 

Enzo Mauri

 

Nella foto Monza Gol (Copyright): Renata Cappelletti mostra con orgoglio una foto del papà.