L’addio di Nesta e le verità nascoste…

C’eravamo tanto amati, anzi… no. L’avventura di Alessandro Nesta sulla panchina del Monza dura solo una stagione, com’era largamente prevedibile da alcuni mesi. Una love story mai decollata, così come non è mai decollato il feeling con i tifosi biancorossi, scettici fin dall’inizio sulla scelta di Adriano Galliani, che proprio non riesce a smarcarsi dalle “operazioni nostalgia” tinteggiate di rossonero, i colori del Milan. Nesta paga la propria inesperienza e inadeguatezza nel poter guidare una squadra di serie A avente come primario e unico obiettivo la salvezza. Non è colpa sua bensì di chi lo ha voluto, anziché puntare su allenatori dal giusto profilo (Nicola su tutti, che la scorsa estate si era “liberato” dall’Empoli dopo l’ennesimo miracolo).

 

Il debito morale nei confronti di Galliani

 

Il tecnico romano ci ha comunque messo del suo, ostinandosi a puntare su un gruppo ristretto di giocatori a lui congeniali ma che, di fatto, non sono riusciti a dare alla squadra il passo giusto. Quando è stato richiamato, dopo la terrificante parentesi Bocchetti, Nesta ha trovato una rosa ampiamente modificata dalla sessione invernale di calcio mercato, ma anziché puntare sulle forze “fresche” (Lekovic, Urbanski, Palacios e Brorsson, tralasciando l’impresentabile Ganvoula…) ha preferito insistere sui suoi pupilli (Bianco su tutti). Una sorta di velata ripicca nei confronti di Galliani, con il quale il tecnico capitolino ha comunque un debito morale dai fasti vissuti nella sua esperienza da giocatore al Milan. Anche nell’ultima conferenza stampa, quella dopo Milan-Monza in cui ha ufficializzato il suo “divorzio” dal club biancorosso, Nesta ha detto molto pur non dicendo nulla, perché come spesso accade… i silenzi o le espressioni facciali possono dire più di qualsiasi parola. Potesse, o meglio… “volesse” parlare, chissà quante cose interessanti avrebbe da dire, invece ha preferito uscire dal sipario in punta di piedi, con la riservatezza che lo ha sempre contraddistinto anche da giocatore. A Monza nessuno lo rimpiangerà, ma tutti sanno che ha pagato colpe non sue, con un’unica eccezione foderata di ingenuità: essersi fidato di chi, evidentemente, morto il Re (Silvio Berlusconi) è diventato pure lui un uomo normale…

 

 

Gianni Santoro