Valentino Giambelli, l’immagine perfetta del presidente “Made in Brianza” (4a p.)

Nella stagione 1997/98, la rosa biancorossa si allargò con qualche straniero giunto, come da precedenti accordi, dalla sponda rossonera (primo, fra tutti, lo stravagante Kolubah Roberts, detto Zizì, più intrigante di nome che di tecnica). Il nuovo Monza, davvero poco brillante, riuscì a salvarsi a stento (quindicesimo nella classifica finale, con 44 punti), grazie anche al ritorno in panchina di Piero Frosio, subentrato alla 25a giornata a Bruno Bolchi, che, a sua volta, aveva rilevato Gigi Radice, dopo solo 5 giornate di campionato.

 

Cosimo Francioso, 14 centri in 23 incontri

 

Protagonista della stentata annata, caratterizzata da ben 17 pareggi (11 dei quali tra le mura amiche), fu il pugliese Cosimo Francioso, arrivato a novembre dal Ravenna, dove aveva realizzato 4 reti e autore, con la compagine brianzola, di 14 centri in 23 incontri. Alle soglie del 2000, dopo 19 anni di tenace presidenza, molto amato, ma spesso anche apertamente criticato dalla tifoseria brianzola, Valentino Giambelli lasciò quindi il Monza nelle mani dell’imprenditore friulano Piero Fazzolari. Undici risultati utili consecutivi non bastarono, nella stagione 1999-2000, a evitare l’ennesima sofferenza per rimanere tra i ‘cadetti’.

 

Dopo l’era Giambelli, si spalanca il baratro…

 

Decisivo, ai fini della salvezza, il cambio alla guida tecnica dopo la quarta giornata del girone di ritorno, esonero di Piero Frosio in favore di Roberto Antonelli il quale, solo lavorando come un dannato e gridando come un disperato dai bordi del campo, riuscì nell’impresa di salvare la squadra, seppure per un soffio. Fazzolari restò in sella per poco più di un anno e, nel gennaio del 2001, indignato per le pesanti offese indirizzate a lui e alla moglie da alcuni tifosi in tribuna d’onore nel corso di una gara casalinga, non se la sentì più di continuare e passò il timone nelle mani del presidente della Centrale del Latte Massimo Belcolle e dall’avvocato milanese Cesare D’Evant. A questo punto, anche per far comprendere ai lettori i motivi di tanti successivi rimpianti nei confronti della gestione Giambelli da parte di molti tifosi biancorossi, è bene ricordare gli amari capitoli della storia della società brianzola nei primi ani 2000. Con una gestione societaria insicura, iniziò, così, il declino dell’AC Monza, fino a finire, al termine della prima stagione del nuovo millennio, nuovamente e inesorabilmente, in Serie C. A metà torneo dell’anno successivo, Belcolle, a sorpresa, si dimise, mentre D’Evant non mollò la posizione, concludendo l’annata 2001-2002, con la sua squadra in Serie C2. Passato, in qualche modo, il testimone al sardo Priamo Atzeni, tenendo il titolo di amministratore unico, l’avvocato milanese, sommerso da una pesantissima situazione debitoria e impossibilitato a onorare gli impegni contrattuali presi, assistette inerme al tracollo della società, sino al 18 marzo 2004, giorno in cui, dal giudice Roberto Fontana, venne dichiarato il fallimento. Questi decise, contestualmente alla dichiarazione in atto, d’istituire il regime di esercizio provvisorio di attività, possibile sulla base di crediti a favore della società esistenti presso la Lega Calcio di serie C. Vennero, così, nominati due curatori fallimentari, tali Maurizio Oggioni e Pino Sorrentino, con una strana fusione tra diritto sportivo e, appunto, fallimentare, che permise al giudice Fontana la messa all’asta del Monza Calcio, ripulito dai debiti. Alla terza convocazione, svoltasi il 3 giugno 2004, ci pensò, poi, l’imprenditore bergamasco Gianbattista Begnini a salvare gli oltre novant’anni di tradizione calcistica monzese, acquistando la società e cambiandone la denominazione che, in omaggio alla nuova Provincia di Monza, divenne AC Monza Brianza 1912.

 

(Fine quarta parte)

 

Enzo Mauri

 

(Foto Caprotti)